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Ferdinando Visco Gilardi

FERDINANDO VISCO GILARDI, durante la II Guerra Mondiale si trovava con la famiglia a Bolzano, dove si era trasferito nel 1940 per ragioni di lavoro, avendo dovuto chiudere l'attività di Libraio presso la sua LIBRERIA DI CULTURA GILARDI & NOTO, ritrovo e riferimento degli antifascisti italiani (e perciò presa di mira dall'OVRA e da Mussolini), a seguito della demolizione del palazzo dell'Hotel Metropolitan, in piazza Duomo ang. p. Reale, ove aveva sede. Al posto di quel palazzo e di altri limitrofi è stato costruito l'arengario, sede dell'Ente turismo, e il complesso in stile fascista di piazza Diaz.
A Bolzano FVG, in collegamento con il CLN per l'Alta Italia, aveva organizzato l'assistenza ed il soccorso ai detenuti nel
Campo di Concentramento locale, i contatti con le famiglie e la messa a punto, ove possibile, dei piani di fuga dal Campo stesso e dai convogli diretti in Germania, nonché l'assistenza e l'accompagnamento oltre le linee dei fuggitivi, ecc. ecc. Nel 'gioco di chi è dentro va fuori e chi è fuori va dentro' è capitato anche a lui di andare dentro, non solo camuffato da idraulico di un'impresa chiamata per certi lavori di manutenzione onde poter rilevare la pianta interna del Campo, ma anche da detenuto: è stato arrestato infatti nel suo luogo di lavoro il 19 dicembre 1944, contemporaneamente a tutto il CLN, a seguito di un'indagine della Gestapo sulle fughe e boicottaggi e, probabilmente, di delazione sotto tortura di qualcuno. Torturato egli stesso, fu poi messo in isolamento tra i politici nel Campo, dove ha continuato, per quanto possibile, a tenere i collegamenti interni ed esterni.
Tra i primi libri che si fece portare in carcere (quando ciò fu possibile dopo 72 giorni di isolamento), oltre che a dare - da lì - istruzioni per gli acquisti di novità per la sua Biblioteca, fu una sua Bibbia (NT e Salmi) tascabile, 'la Filosofia della Libertà' di Rudolf Steiner, 'la Logica' di Benedetto Croce, Goethe, Dante e altro ancora. Fu sempre attento all'evoluzione della situazione socio politica italiana e internazionale.
Rischiando la morte ed in attesa dell'esecuzione (una prima rinviata, l'altra prevista prima dell'abbandono del Campo dai tedeschi in ritirata), comunque fiducioso, non avendo beni terreni di cui disporre, scrisse - 'dalla cella 28 del Campo di concentramento di Bolzano, il 13 gennaio 1945' - un Testamento spirituale alla moglie e ai figli, che pervenne loro tramite i canali clandestini di comunicazione.
La Liberazione a Bolzano arrivò ai primi di maggio 1945 (dopo il 25 aprile!).
Egli, apertisi i cancelli del carcere, non si 'ubriacò' della ritrovata Libertà sua e degli altri, ma rimase nella sua cella ancora a lungo in meditazione e preghiera, e poi si recò negli uffici del PD-Lager a prelevare della documentazione che lo interessava, cominciando subito a ritessere le fila del 'dopo'. Solo più tardi uscì, tranquillamente, quando quasi tutti erano già corsi via in diverse direzioni, mentre la Moglie - quasi angosciata per il ritardo - lo attendeva in ansia al reticolato di ingresso.
Guardando al 'dopo', fece subito parte - indicato dal CLNAI - del Governo Provvisorio della Provincia di Bolzano con l'incarico di Vice-Prefetto (carica che tenne per un biennio, fino al voltafaccia di De Gasperi al Governo di unità nazionale), affrontando da subito - con la sensibilità propria - i delicati problemi dell'integrazione multietnica (tedesca, ladina e italiana) in quella particolare e bella Regione.
Tornò a Milano, per lavoro, dopo qualche anno (1952), trasferendo la famiglia solo nel 1954. Riprese a frequentare la Chiesa Metodista di via Cesare Correnti e poi di via Porro Lambertenghi.