|
Enrica Mamoli
Ricordando "Papà Gilardi"
Così lo chiamavano gli amici più intimi. La sua persona ben si adattava alla
figura di Padre. E tale infatti lo fu per molti.
L'ho conosciuto più di cinquant’anni fa, quando i suoi figli insieme ai miei
frequentavano
la scuola domenicale nella chiesa Metodista di Milano.
L'impressione immediata fu quella di un
uomo che, malgrado la calda cordialità e la semplicità dei modi, imponeva un
grande rispetto. Si avvertiva subito di trovarsi di fronte ad una persona
non comune.
Quando più tardi le vicende della vita mi portarono ad approfondire la
conoscenza sua e della sua famiglia, quella prima impressione trovò
conferma.
Ho avuto poi la fortuna di stabilire con tutti loro una profonda fraterna
amicizia, che dura ancora oggi.
I figli mi hanno chiesto di parlare di questo caro Amico. Non è cosa facile.
Ma siccome parlare di un uomo è anche farlo rivivere, ho accettato l'impegno
e tenterò di dire quello che in lui più mi ha colpito.
Ognuno vede nell'altro solo un lato e può ridare unicamente quella parziale
immagine che ha colto dalla sua prospettiva e che gli è rimasta viva nella
memoria.
Andando indietro con il pensiero ai pochi anni (e furono fra i più difficili
della mia vita) durante i quali ho avuto il dono della sua amicizia,
riemerge un tratto del suo carattere che non è facile trovare. Cercherò di
metterlo in luce.
Papà Gilardi aveva una straordinaria capacità di ascolto, pur essendo sempre
molto attivo, mai dava segno di non aver tempo per partecipare ai problemi
degli altri. Dimostrava interesse e attenzione, si faceva carico dei
problemi di chiunque gli chiedesse aiuto. Talvolta ne intuiva una possibile
soluzione, ma si asteneva dal dare consigli.
Ricordando le mie esperienze di allora, come pure quelle di altre persone,
mi diviene sempre più chiaro il suo intento: egli voleva evitare che chi si
rivolgeva a lui ricevesse risposte dall'esterno, poiché sapeva che per
crescere e maturare è necessario cercare nel profondo di se stessi la
soluzione ai problemi che ci assillano.
Tuttavia non lasciava soli con le proprie incertezze. Come abile pedagogo,
suggeriva letture adatte, prestando anche i suoi amati libri (unica
ricchezza che stimava onesta). Poi parlava su temi che niente sembravano
avere a che fare con il contenuto dei libri e con i problemi esposti. Solo
più tardi ci si accorgeva che in tal modo egli ci aveva consegnato parti di
un mosaico da ricomporre per scoprirne il significato. Incoraggiava così
l'attività del pensiero e la fiducia nelle proprie capacità.
Fu una delle persone più generose che ho conosciuto, anche per quanto
riguarda il tempo. Non lesinava mai il suo.
Aveva una profonda e vasta cultura, ma non se ne faceva vanto. Era però
sempre pronto a farne parte con chi dimostrava interesse in qualsiasi
ambito.
Molte volte sono ricorsa a lui per avere suggerimenti quando insegnavo
Storia del Cristianesimo ai catecumeni della Chiesa Metodista. Nel dossier
in cui sono raccolti i suoi scritti, si trovano molte pagine che
testimoniano la gran cura e competenza che poneva nell'insegnare.
Da lui ho ricevuto anche i primi libri di Antroposofia 44 anni fa. Pensieri
per me nuovi e non facili. Sorgevano domande. Mai una risposta confezionata.
Il grande rispetto che aveva per l'Interiorità di chi sente l'impulso alla
conoscenza lo portava a non dare mai la soluzione che aveva trovato per sé,
ma a stimolare l'entusiasmo per la ricerca, fino a scoprire la risposta
giusta per se stessi in quel momento, evitando concetti rigidi e definitivi.
Tutto questo mi ha portato a poco a poco a
prendere coscienza delle potenzialità che c'erano anche in me e del
diritto-dovere di seguire liberamente la via dell'evoluzione spirituale,
anche a costo di scelte difficili e dolorose.
Sono passati 34 anni da quando il nostro
Amico ha lasciato la vita terrena. Ma non ho mai potuto pensare a lui come
ad una persona morta.
Sono certa che Egli prosegue il suo cammino
seguendo la via indicata da Colui che ha affermato "lo sono la via la verità
la vita".
Non nominava il nome di Dio e parlava
poco di Cristo. Ma il suo amore verso il prossimo nasceva dall'amore che
colmava il suo cuore e dalla fede certa nel Risorto.
Rileggendo alcuni suoi scritti, sale spontaneo dal cuore un "grazie".
Se posso godere questi sereni anni della vecchiaia, proseguendo con gioia
l'attività del pensiero, lo devo soprattutto all'aiuto che in quei lontani
anni mi è venuto da "Papà Gilardi”.
Enrica Mamoli |
|