indietro  |

 

Scritti politici - 1947

Il problema della Germania

“Recentemente i circoli antifascisti di Berlino furono sbalorditi dalla notizia che gli Inglesi avevano autorizzato nella loro zona un nuovo partito,il “movimento conservatore”. I nomi dei suoi stessi dirigenti bastano a far rizzare i capelli in testa a chiunque conosca la Germania: Hugenberg, Wulle e il conte Westarp. Hugenberg, presidente del cartello Krupp fino al 1918, era la forza autentica dietro lo “Stahlhelm”, la famigerata organizzazione degli “elmi d'acciaio” che fu incorporata nel 1934 nelle SS”. Così si esprimeva Alvarez del Vayo in un articolo apparso su “The Nation” di New York nel numero del 51 agosto 1946 (riportato ora su “Il politecnico” n. 35-44).
Che c'è da pensare di tale fatto in relazione a ciò che si prospetta come il prossimo avvenire della Germania? Semplicemente .che, di questo passo, non si arriverà giammai alla sistemazione organica della Germania in Stato (federale o unitario, poco importa). Ma nemmeno è possibile ritenere che si arrivi alla “sollecita istituzione di un governo provvisorio tedesco” secondo quanto auspicava Byrnes nel suo discorso di Stoccarda dello scorso settembre. Il. caso Hugenberg e compagni, non è una circostanza incidentale. Esso sta a provare la costituzionale impossibilità degli Stati vincitori, retti a democrazia borghese, di sfuggire all'imperio delle sopravvivenze fasciste o prefasciste quando l'orientamento programmatico che sta alla base degli stessi dichiarandosi decisamente contrario ad ogni forma di totalitarismo vuol soltanto significare d'essere ostile a quanto di positivo possa sussistere nell'esperienza sovietica. In nome della libertà contro il comunismo, si cade immancabilmente nel totalitarismo vero che è il fascismo. La ricerca affannosa di una “terza via” non può che risultare fallace. Oh, quanto vorrebbe l'Inghilterra che questa terza soluzione, che non sia né di destra, né di sinistra, s'imponesse in nome della libertà e della fratellanza dei popoli! Ma essa stessa si avvede che non è possibile. Giustamente Lelio Basso osservava recentemente che “non è a caso che la diplomazia anglosassone in quei Paesi ove essa intende assicurarsi contro possibili rivolgimenti sociali è costretta a sostenere delle dittature, in Portogallo come in Spagna, in Grecia come in Turchia, e non c’è dubbio che la diplomazia anglosassone sarebbe assai più lieta se essa potesse ottenere gli stessi risultati attraverso forme di democrazia”. Dove si vede che l'antitotalitarismo, suo malgrado, deve allearsi con i sistemi totalitari per sfuggire alle conseguenze d'eventuali rivolgimenti sociali per i quali non è certamente provato che il mondo debba avviarsi alla sua autodistruzione.
La grande questione riposa tutta qui: i rivolgimenti sociali si avverte, mettono in pericolo la libertà, bene ineguagliabile e insostituibile della vita umana! Donde s'odono levarsi tali voci preoccupate ? Ipocriti. Voi trepidate ansiosi non per la libertà “ch'è sì cara”, ma per la proprietà! Ma questa, è proprio vero che sia in pericolo? Alle trasformazioni sociali noi tutti vogliamo pervenire gradualmente, senza scosse telluriche; ma pervenire si deve senza dilazioni, ed è appunto per tale processo che il reggimento democratico si pone come condizione indispensabile per il raggiungimento delle improrogabili riforme di struttura nel campo economico e sociale.
Dal futuro della Germania dipenderà il futuro dell'Europa, si dice. Ma il problema tedesco non è risolvibile altrimenti che dal punto di vista dei criteri enunciati. La Germania dev'essere posta in grado di ricostruire la propria economia su basi progressive con il concorso di tutte le forze popolari. Quali garanzie possono, in tal senso, fornire i vari Hugenberg? Siamo evidentemente al rovesciamento della situazione che per il benessere della Germania e dell'Europa si dovrebbe instaurare. Di questo passo l'occupazione alleata si prolungherà “sine die” e la separazione fra Oriente ed Occidente s'accentuerà sempre più poiché, per l'appunto. la Germania non potrà che diventare il particolare terreno della lotta fra l'una e l'altra concezione democratica, fra l'una e l'altra realtà sociale.
Molotov, alla conferenza di Parigi, criticando il progetto di Byrnes sul disarmo e la smilitarizzazione della Germania, diceva il 9 luglio dello scorso anno, fra l'altro, quanto segue: “Ancora ieri riconoscevamo tutti che il nostro compito più importante era non soltanto di estirpare il partito nazista”, ma anche di liquidare le conseguenze del dominio dell'hitlerismo in tutti i settori della vita pubblica in Germania. Ma è evidente che questa ricostruzione democratica si trova soltanto all'inizio del suo sviluppo e che le forze del fascismo sono lungi dall'esser distrutte in Germania. È noto che la riforma agraria, che implica la liquidazione dei latifondi, i cui proprietari sono dei fedeli sostenitori dell'hitlerismo, è stata effettuata soltanto nella zona sovietica e non è ancora nemmeno iniziata nelle zone occidentali. I raggruppamenti monopolistici degli industriali tedeschi, tutti i cartelli, i trust, ecc., che servivano d'appoggio al fascismo tedesco durante i preparativi alla aggressione e durante la condotta della guerra, continuano a conservare la loro influenza. specialmente nelle zone occidentali. Prendendo in considerazione tutto ciò, come interpretare il fatto che nel progetto presentato, questi importanti compiti non sono affatto menzionati?”
A questa domanda di. Molotov potremo noi rispondere valendoci di un prezioso quanto significativo resoconto di Luigi Ciofi degli Atti apparso sul terzo numero di “Critica economica”, (settembre ottobre 1946). Si tratta di una documentata analisi degli “intimi legami esistenti fra le grandi industrie monopolistiche americane e quelle tedesche fino all'entrata in guerra degli Stati Uniti”, la cui “fonte insospettata e insospettabile risulta da una inchiesta condotta dallo stesso governo degli S.U. poco dopo la sua entrata in guerra, attraverso vari organi (Senate Patents Committee, Truman Committee, Antitrust Division of the Departement of Justice)”.
Qui si dimostra “come il capitale finanziario ed i monopoli industriali, al fine d'assicurarsi più alti profitti, di conquistare, mantenere e dominare i mercati, non solo agiscono in danno dell'economia nazionale interna, ma assumono anche una posizione contrastane con gli interessi internazionali dello Stato, nel quale hanno cittadinanza, svolgendo una loro POLITICA ESTERA AUTONOMA”.
“Scoppiata la guerra uno degli amministratori della Standard Oil ottenne dalle autorità diplomatiche, nell'ottobre 1939, un lasciapassare per l'Aja. dove si incontrò con i rappresentanti della I.G. Farbenindustrie. Nella sua relazione al presidente della società, si legge: “Abbiamo fatto del nostro meglio per trovare un “modus vivendi” che deve operare per il tempo di guerra, vi entrino o no gli Stati Uniti”
“Allo scoppio della guerra fu costituito un altro trust, dal quale la I.G. Farben fu formalmente esclusa, ma in base ad un accordo segreto fra le due associate, la partecipazione in esso della Standard per essere versata in Germania a fine guerra”. “Ma è una caratteristica delle potenze economiche internazionali che esse non abbiano confini né si sentano vincolate da leggi nazionali” (quelle stesse che, per altro verso, sono le creatrici del nazionalismo economico e le fomentatrici del nazionalismo politico).
“Ed avvenne così che fino alla fine del 1941, non solo gli apparecchi tedeschi che bombardavano l'Inghilterra potevano essere .riforniti di benzina prodotta dall'America, ma la Royal Air Force pagava al trust tedesco, e così ai nazisti, i diritti di privativa per la propria benzina di aviazione”. Inoltre “la licenza di sfruttamento per la produzione della benzina sintetica fu poi venduta ai giapponesi dalla I.G. Farben, col consenso della Standard, poco prima dello scoppio della guerra”. “Il Giappone poté, quindi utilizzare il procedimento sintetico della I.G. così come della Standard e di altre compagnie americane, per preparare i suoi attacchi aerei contro le Nazioni Unite”. Ma non basta. “Fino agli ultimi mesi dell'anno 1941 la Standard Oil riforniva di benzina l'aviazione e le linee aeree italiane (LATI, dominata dai nazisti) e tedesche del sud America. Il presidente della società dichiarò in proposito alla commissione di in chiesta: “le consegne alle aviolinee italiane del Brasile nel 1941 furono discusse con il Dipartimento di Stato e con l'ambasciata americana a Rio de Janeiro. Nessuna consegna fu fatta se non in conformità della politica del Dipartimento di Stato”.
E per concludere questa tragica rassegna diamo ancora la parola all'articolista di cui abbiamo voluto citare il minimo indispensabile: “Per attuare questa politica i monopoli americani strinsero patti di amicizia con i trust di uno Stato straniero e quando divenne chiaro che quello Stato era divenuto lo strumento di un più violento e brutale imperialismo … allora i grandi organismi finanziari amen cani, anziché .sciogliersi dai vincoli precedenti, li rinsaldarono ancora di più ... pur di conservare nella futura carta politica ... una parte almeno dei loro mercati e dei loro privilegi. La politica dei grandi trust americani era infatti fondata sul presupposto di UNA VITTORIA NAZISTA IN EUROPA”.
“La ragnatela che soffocava il libero sviluppo dei popoli fu “spezzata dalla guerra. Ma il futuro ci lascia perplessi. Quanti sottili fili di quelle ragnatele hanno resistito al conflitto? Quali interessi economici e politici reclamano di poter proseguire il “business as usual” con una rinata grande industria tedesca?”.
Ecco qui la risposta all'interrogativo di Molotov circa l'inopinato silenzio di Byrnes in merito al mutamento delle basi strutturali da instaurare in Germania! E quali sono poi, i fili che recentemente salvarono la vita a Schachf e a von Papen ?
Siamo ora, tuttavia, giunti alla firma del trattato di Dunkerque. Un patto di alleanza fra la Francia e l'Inghilterra per la durata di un cinquantennio inteso a garantire le due nazioni da future minacce d'aggressione tedesca. E l'editoriale dell'organo vaticano del 2 corrente notava che lo spirito del trattato implicava un ampliamento nella valutazione di ciò che dev'essere inteso per pericolo tedesco. “Ormai, in realtà, il pericolo tedesco è diventato qualcosa di più del pericolo che può rappresentare la Germania. A un certo momento si potrebbe perfino dire che si parla di pericolo tedesco per usare un eufemismo che valga ad indicare (senza dar luogo a complicazioni diplomatiche) il pericolo insito in tutta la presente situazione internazionale”. (Leggi: pericolo insito nella presenza dell'URSS in Germania!).
Questo significa parlare senza “eufemismi” e, alla vigilia della conferenza di Mosca non c'è che da rallegrarsi! Il gioco delle alleanze riprende, così pure la politica d'equilibrio. Ma ormai i tempi del “concerto europeo” sono tramontati e se essi si vogliono, come sembra, riesumare, non resta altro che prepararsi ad un nuovo conflitto. Questo dobbiamo dirlo alto e chiaro.
L'equilibrio europeo non è .pensabile eludendo i gravi compiti sociali che incombono su tutti i popoli. Dalla Germania deve aver inizio il processo di trasformazione sociale che sradichi dalla base ogni sopravvivenza di fascismo. E se v’è una ricerca ansiosa di sicurezza nel mondo questa non può essere trovata che nell'avvento di una democrazia sociale che superi quella formalmente politica.
È stato ben detto. Dal futuro della Germania dipenderà il futuro dell'Europa!

f.v.g.

Bolzano, 12 marzo 1947