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Estratto da:
Giordano Bruno Guerri
ERETICO E PROFETA
ERNESTO BUONAIUTI, UN PRETE
CONTRO LA CHIESA
Mondadori Editore
VII LA CHIESA ROMANA
La confessione cattolica, che del
cristianesimo eterno è una manifestazione storica transitoria, si rivela
senza dubbio in contrasto insanabile con i postulati della mentalità
contemporanea.
ernesto
buonaiuti, 1908
La Chiesa romana
ha destato una certa impressione. È, indubbiamente, la cosa più aderente
alla mia intima coscienza che io abbia mai fatto.
ernesto
buonaiuti, 18 gennaio 1933
Io venivo avvertendo sempre più,
attraverso le mie indagini storiche, che la religione è innanzi tutto
visione drammatica degli ultimi eventi, che pendono imminenti sulla vita e
sul mondo.
ernesto
buonaiuti, 1945
Nel 1933 tenne a battesimo una casa editrice di Milano la Gilardi e Noto,
sorta da un'omonima libreria nei pressi di piazza del Duomo con La Chiesa
romana, un denso saggio di neanche duecento pagine diviso in cinque
parti: Quel che pretende di essere; Quel che è stata; Quel che è; Quel
che potrebbe essere; Quel che sarà. Il libro, terminato nell'ottobre del
1931, ebbe un successo notevole per l'epoca. In tre mesi ne furono stampate
tre edizioni di 2000 copie ciascuna, mai Buonaiuti aveva venduto tanto, e
l'autore si illuse che fosse il segno di una rinascita dell'interesse verso
i problemi religiosi. È più probabile che il successo fosse dovuto alla
curiosità del pubblico verso un personaggio che aveva sfidato sia la Chiesa
sia il regime fascista. Oltretutto il saggio non è di facile lettura.
La polizia si interessò alla Gilardi e Noto, scoprendo che i due giovani
proprietari appartenevano alla Chiesa evangelica, che non avevano simpatia
per il fascismo, e che la loro libreria era frequentata da «noti
antifascisti», anche se «non hanno sinora dato luogo a rilievi». Ferdinando
Visco-Gilardi divenne comunista, senza abbandonare la sua religione, e
partecipò alla Resistenza.
Quanto alla Chiesa, la commissione del Sant'Uffizio
che si occupò del volume, della quale facevano parte anche i cardinali
Gasparri e Pacelli, lo mise all'Indice un mese dopo la pubblicazione, «con
una sollecitudine fulminea difforme da tutte le consuetudini della sua
procedura tardigrada e anacronistica» scrisse Buonaiuti, attribuendo la
rapidità della decisione all'importanza del libro. C'è da credere invece che
il Sant'Uffizio cominciasse a temere l'«apostolato itinerante» iniziato
dallo scomunicato, in potenza più pericoloso della cattedra universitaria, e
che volesse scoraggiare i credenti dall'andare ad ascoltarlo. Una premura
eccessiva: i cattolici vedevano nel sacerdote e nel suo nuovo saggio una
negazione della Chiesa e gli evangelici non vi trovavano niente che andasse
nella loro direzione.
La Chiesa romana non è un trattato teologico né un saggio di
storiografia ecclesiastica o di antropologia religiosa. È un'opera di
riformismo cattolico, di critica per una trasformazione della Chiesa
istituzionale, che ambiva a presentarsi come società perfetta avente diritto
di dominare il contesto umano nel quale era adagiata: viene invece accusata
di paralizzare la virtù del messaggio evangelico con le sue collusioni
politiche e il suo razionalismo teologico. Buonaiuti la esorta a dialogare
con il mondo, concetto acquisito trent'anni dopo dal concilio Vaticano II,
come grande parte del capitolo «Quel che è»: culto, liturgia, gerarchia,
spirito concordatario, formazione presbiteriale, sacerdozio, assolutismo
giuridico: «Spietate denunce che nel clima postconciliare di oggi non
impressionano più, tanto sono diventate frequenti perfino in area cattolica;
ma che allora, oltre che essere inconcepibili, esigevano una sensibilità
inconsueta nel formularle e una non minore audacia nel proclamarle» nota
Bedeschi. Dopo il concilio Vaticano II la dimensione umana della Chiesa è
entrata nella teologia cattolica, come voleva Buonaiuti, ma nel 1933 la
Chiesa non era ancora pensabile come «corpo di peccato»: se le accuse di
Buonaiuti anticipano di trent'anni il concilio, anticipano di sessant'anni e
più il perdono che Giovanni Paolo II ha voluto chiedere al mondo. |
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